ARTICOLO LIGUAGGIO AZIENDALE testata

In azienda overdose d’inglese: gergo tecnico da semplificare?

IL LINGUAGGIO – La lingua inglese, essendo la lingua franca a livello globale, è diventata uno strumento fondamentale nella comunicazione aziendale per facilitare gli scambi commerciali e le collaborazioni. La padronanza dell’inglese nel contesto aziendale è imprescindibile per i professionisti che aspirano a posizioni di leadership. Ma sul territorio resta ancora un gap tra grandi e piccole aziende che spesso faticano a comunicare, soprattutto quando si affrontano i processi di digitalizzazione
Negli ultimi anni, l’uso eccessivo di inglesismi nel linguaggio aziendale italiano è diventato sempre più frequente. Questo fenomeno, sostenuto dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica, sta mettendo però in difficoltà alcune PMI. Sentiamo a riguardo Stefania Maria Maci, docente di Lingua Inglese all’Università degli Studi di Bergamo e referente scientifica del nuovo corso di laurea in Digital Humanities.
ARTICOLO LIGUAGGIO AZIENDALE3

Stefania Maria Maci

Come valuta l’importanza della lingua inglese come lingua franca nel contesto aziendale attuale?
Innanzitutto, il punto fondamentale riguardo a questo problema di overdose di tecnicismi inglesi nella lingua italiana deve essere preso in considerazione rispetto al tipo di settore che si va ad analizzare: quello dell’ambiente digitale è per definizione un settore inglese. Ad esempio, ci sono dei termini che ormai fanno parte del vocabolario italiano ma derivano proprio dal mondo digitale: la parola ‘mouse’, che non possiamo tradurre in nessun altro modo. Mentre il computer viene chiamato ‘macchina’ nell’ambiente informatico, ci sono degli aspetti che non possono essere tradotti perché sono nati in questo modo e così rimangono. E questo è prevalentemente vero per determinati settori del progresso scientifico e tecnologico, in particolare la medicina e il mondo digitale. L’altro aspetto riguarda il fatto che l’evoluzione della lingua non può essere fermata artificiosamente. Quindi, se alcune persone utilizzano per praticità, comodità, economicità una parola, si tende a utilizzare il termine inglese.
Infine, anche nell’ambito promozionale, determinati prodotti vengono percepiti con un valore aggiunto rispetto alla lingua in cui vengono pubblicizzati: come per il cibo vengono preferiti in tutto il mondo termini italiani, così per l’ambito digitale viene preferito l’inglese. L’inglese è attualmente la lingua globale per eccellenza del capitalismo.
Molte PMI, però, faticano a stare al passo su questo fronte. Ritiene che sia il caso che si adattino o sarebbe bene che il gergo tecnico a certi livelli ritorni ad essere composto da lessico italiano?
Per la mia opinione, è quasi doveroso che si adattino se vogliono restare competitive. Se io, titolare di una piccola impresa, decido di non seguire la parte linguistica nel mondo digitale, come faccio a comunicare con le altre aziende? Non è detto che la piccola impresa possa
operare solo in Italia, può farlo anche all’estero. La nostra economia si basa prevalentemente sulla piccola e media impresa, ma abbiamo anche tanta esportazione. 
Il rischio di chiudersi al cambiamento è quello di perdere possibilità di avanzamento economico. Bisogna guardare i vantaggi a lungo termine. Mi rendo conto che è difficile per persone che non hanno dimestichezza con la lingua inglese, ma è anche vero che se si impedisce in qualche modo, artificioso o meno, lo sviluppo di una qualsiasi lingua, in questo senso non favorisce il progresso. Poi, sono gli stessi italiani che hanno inventato alcuni termini in lingua inglese che però gli inglesi non usano, ad esempio il fortunato smart-working.
La consideri una provocazione ma che è comunque emblematica di tanta impresa a comprendere l’innovazione: non sarebbe il caso di parlare un linguaggio più vicino al territorio? Non favorirebbe nelle realtà maggiormente locali più fiducia nel cambiamento?
Comunque il cambiamento spaventa sempre, che sia detto in italiano o che venga spiegato in dialetto o comunicato in italiano anglicizzato. Quello che deve fare un’azienda per poter affrontare i cambiamenti è fare un’analisi dei rischi e dei benefici: se il beneficio è maggiore, anche a lungo termine, allora forse vale la pena avvicinarsi al cambiamento. Se la digitalizzazione è ampiamente sostenuta a livello nazionale ed europeo, ma il titolare di un’azienda non riesce a stare al passo a causa della lingua, si deve tenere in considerazione se la chiusura dell’imprenditore sia messa in pratica a priori o se perché fa bene all’azienda.
Quali sono strategie per affrontare le difficoltà nell’integrazione dell’inglese nel gergo aziendale?
Se le difficoltà sono molte e la persona percepisce il cambiamento come particolarmente difficile, nel senso che prevede l’utilizzo di termini che vengono percepiti come la rappresentazione di un mondo diverso, allora deve esserci un aiuto da parte della Regione. Se il tutto può essere spiegato in modo più intellegibile all’imprenditore e questo vede che questo cambiamento a medio-lungo termine porta dei vantaggi, deve essere aiutato in quest’aspetto. È sempre un problema di comunicazione, dal punto di vista della politica locale per aiutare le aziende: se gli utenti finali, che sono i titolari delle aziende, non riescono a capire o non vedono il vantaggio, vuol dire che qualcosa è sbagliato a livello di comunicazione. Se la Regione nella propria linea politica vede che un cambiamento è di valore ed è fondamentale per la propria produzione e questo richiede un cambiamento nei vari settori, ma l’importanza di questo cambiamento non viene recepita, allora vuol dire che la comunicazione è di tipo errato. D’altra parte, se la comunicazione avviene con un linguaggio che ormai è quello acquisito e il titolare dell’azienda non riesce comunque a percepire il valore di questo cambiamento, allora ci devono essere delle intersezioni tra le due entità. Anche l’azienda, prima di dire no a priori, deve fare un piccolo sforzo e capire. Ci sarà sempre qualcuno nell’azienda che può aiutare o si può prevedere anche l’utilizzo di figure specifiche che possano aiutare l’azienda in questo senso – anche attraverso dei tirocini, dei contratti di apprendistato, dei contratti a termine, in modo da aiutare la transizione. Se qualcuno ha difficoltà o non ha dimestichezza con la lingua inglese, si può certamente fare una sorta di glossario.
È necessario che le aziende si adattino: l’ambiente digitale è, per definizione, un settore “inglese”
Anche l’azienda, prima di dire no a priori, deve fare un piccolo sforzo e capire. Ci sarà sempre qualcuno nell’azienda che può aiutare o si può prevedere anche l’utilizzo di figure specifiche che possano aiutare l’azienda in questo senso – anche attraverso dei tirocini, dei contratti di apprendistato, dei contratti a termine, in modo da aiutare la transizione. Se qualcuno ha difficoltà o non ha dimestichezza con la lingua inglese, si può certamente fare una sorta di glossario.
Ritiene che le Università debbano svolgere un ruolo nella preparazione degli studenti per affrontare le sfide linguistiche nel mondo del lavoro? Se sì, come?
In ambito universitario questo avviene già: ogni corso di laurea, per Legge (ndr: D.M. 22 ottobre 2004, n. 270), deve indicare l’insegnamento di almeno una lingua europea, oltre l’italiano – e il 99% degli studenti sceglie la lingua inglese. Inoltre, nei vari Dipartimenti dell’Università degli Studi di Bergamo, l’insegnamento della lingua inglese è focalizzato sul linguaggio settoriale, aiutando quindi lo studente ad apprendere le competenze linguistiche del settore e meglio rapportarsi con il proprio percorso formativo quando dovrà essere applicato nel mondo del lavoro. Poi, soprattutto nei Dipartimenti di Economia e Ingegneria, vengono attuati dei moduli di insegnamento o degli interi Corsi di Laurea che si occupano della digitalizzazione: per poter frequentare questi corsi, è necessario avere conoscenza lessicale della terminologia del mondo digitale. Anche tutti gli esami di idoneità informatica di base forniscono la tassonomia, quindi le descrizioni del
termine specifico in lingua inglese che viene utilizzato. Per cui gli studenti sono preparati, e non solo da questa nuova generazione. Questi aspetti sono affrontati da tantissimi anni e sono previsti nei vari programmi ministeriali anche all’interno delle scuole superiori. Anche il mondo dell’Istruzione è rimasto al passo con l’avanzamento tecnologico.
SILVIA ARNOLDI

Direttore Responsabile
Bruno Bonassi
Responsabile del progetto
Alberto Capitanio
Direttore Commerciale
Andrea Amighetti
Direttore Creativo
Giovanni Formato
Grafica
Andrea Vitali, Devis Renesto
Testi
Laura Arrighetti, Fabio Conti, Giorgio Lazzari, Ivan Scelsa, Chiara Scotti, Donatella Tiraboschi

Editore e Redazione
Cawipa S.r.l.
Sede legale:
Via G. Verdi 9/A, Bagnatica (BG)
Sede operativa e redazione:
Via G. Carnovali 84, Bergamo
Autorizzazione del Tribunale di Bergamo nr. 10/2022

Fotografie, Videointerviste, Postproduzione
IN Photo studio, Crema (CR): Leonardo Costi, Giampaolo Abbondio, Salvatore Tomaselli, Francesca Codazzi, Antonella Sabbioni, Mauro Fiorentini, Greta Baruffi
• Andrea Cherchi

Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte di questa rivista può essere copiata, riprodotta o pubblicata senza il consenso scritto
del Direttore e dell’autore.