La Prima Ricerca di PiaNetA: La Pianura investe nel «green»

L’ampia indagine condotta da «PiaNetA», l’Osservatorio di Pianura Network, tra più di 350 imprenditori, dirigenti e manager operanti nei principali settori dell’economia, mette in luce una fiducia nel futuro: oltre il 50% prevede un miglioramento nell’andamento delle proprie imprese nel 2024. Tuttavia, persistono sfide significative, tra cui l’aumento dei costi e la carenza di manodopera. La sostenibilità emerge come una risposta chiave a tali sfide, con un focus sull’efficienza energetica, la riduzione dei consumi e delle emissioni. Nonostante l’interesse diffuso per la sostenibilità, vi è una disparità tra grandi e piccole imprese nell’adozione di pratiche sostenibili.
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La fiducia regge, nonostante l’orizzonte resti punteggiato d’incognite. Per il 46,1% degli imprenditori il 2023 è stato un anno positivo per la propria azienda e in miglioramento rispetto al 2022, mentre per un altro 30,8% il 2023 è stato stabile ma comunque positivo.
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L’ampia rilevazione di «PiaNetA» tra le imprese rileva un outlook favorevole

Guardando al futuro, il 50,5% stima nel 2024 un miglioramento nell’andamento della propria impresa e il 37,4% prevede una performance in linea con l’anno appena concluso; quanto alla congiuntura dell’intera economia italiana, il 33% presume una tendenza favorevole nei prossimi tre mesi e il 44,5% indica una situazione stazionaria.
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È un outlook favorevole quello che si ricava dall’ampia rilevazione di «PiaNetA», l’Osservatorio di Pianura Network, che ha coinvolto oltre 350 partecipanti tra imprenditori, dirigenti e manager di aziende della Pianura, operative nei principali settori della nostra economia (industria, commercio e ristorazione, servizi alle imprese, servizi alle persone), per indagare attraverso i dati, le risorse e le sfide del tessuto produttivo. Emergono alcune direttrici ben evidenti: consolidare ulteriormente la transizione energetica, approfondire la dimensione della sostenibilità sociale, rafforzare il proprio network.
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Le sfide: aumento dei costi e capitale umano

«Le previsioni delle imprese sono positive, con importanti elementi di fiducia per il 2024 – sottolinea Aldo Cristadoro, direttore scientifico di PiaNetA – allo stesso tempo, per le aziende i maggiori elementi di timore si confermano quelli che più hanno segnato gli ultimi anni: l’aumento dei costi, sia energetici sia delle materie prime, e le difficoltà nel reperimento di lavoratori». La survey evidenzia infatti come i principali fattori di ostacolo allo sviluppo siano ancora l’aumento dei costi energetici (segnalato dal 48,6% del campione), l’aumento dei costi delle materie prime (44,8%) e la scarsità di manodopera (34,2%). Come affrontare queste sfide? «La risposta principale è orientata alla sostenibilità – rileva Cristadoro – questa vocazione permette di efficientare i costi, di ridurre virtuosamente i consumi e le emissioni. La sostenibilità, in primis ambientale, è diventata un linguaggio comune nell’ecosistema in cui le imprese sono inserite: è una strada già tracciata e da cui non si può tornare indietro».
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È decisiva la questione tecnologica, perché è nell’innovazione che si ripone una forte fiducia per velocizzare questi processi

L’aumento dei costi ha impattato sul bilancio del 74,3% delle imprese (3 su 4), portando i management ad adottare strategie differenziate: è prevalsa la riduzione dei consumi (praticata dal 77,9% delle imprese, con un picco del 91,5% nel commercio e nella ristorazione), il monitoraggio dei dati di consumo (71% delle imprese) e l’efficientamento degli impianti produttivi (66,6% delle imprese, ma il 75% nell’industria). La consapevolezza è solida (il 71,6% del campione guarda alla transizione ecologica come un cambiamento necessario e urgente per fermare la crisi climatica, con un consenso del 90,9% tra le imprese oltre i 250 dipendenti) e si coniuga ad azioni concrete: il 68% delle aziende ha investito nella sostenibilità negli ultimi cinque anni, l’84,6% lo farà nei prossimi cinque anni.

La sostenibilità: cosa si fa, cosa si farà

Il 79,3% delle aziende ritiene già oggi importante affrontare il tema della sostenibilità. «Emerge però una forbice significativa tra le piccole e le grandi aziende, legato ai costi degli investimenti, alle risorse umane necessarie per giocare questa partita, alla capacità di fare sinergia», annota Cristadoro: se il 91,8% delle aziende con oltre 250 dipendenti considera importante affrontare la sfida della sostenibilità, nelle micro-imprese (fino a 9 dipendenti) si scende appunto al 70%. Perché investire nella sostenibilità? Un ritorno c’è, e appare concreto: aumenta la competitività sul mercato (è d’accordo l’86,5% del campione), permette all’azienda di crescere (lo rileva l’89,1% degli intervistati, con un consenso che sale al 95,6% nell’industria e al 94,7% tra chi opera nei servizi alle persone), accresce la fiducia dei clienti e la reputazione (91,8%). Non solo, perché l’investimento nella sostenibilità consente anche di intercettare candidati in cerca di lavoro (lo sostiene l’81,5% degli intervistati, con punte ancora più alte tra le aziende dei servizi alla persona), contribuendo così a contrastare una delle criticità oggi più note – la carenza di manodopera – tra chi fa impresa. «Questo – evidenza Cristadoro – è uno degli aspetti più interessanti: per le aziende, l’attenzione alla sostenibilità permette di esaltare la propria brand reputation anche rispetto all’attrattività di talenti e di capitale umano». L’esperienza quotidiana racconta però anche di ostacoli, seppur segnalati da una parte circoscritta delle imprese: il 21,2% delle imprese (una su cinque all’incirca) considera le regole per la sostenibilità un impegno burocratico molto dannoso, analogamente al 25,9% (un’impresa su quattro) che ritiene l’investimento nella sostenibilità vantaggioso solo se in presenza di una agevolazione in termini di tassazione o sussidi. Dalla visione alle azioni. Le pratiche per la sostenibilità più diffuse tra le aziende sono l’attenzione per la raccolta differenziata (nel 62,6% delle imprese), il controllo attivo dell’uso dell’energia (42,9%), l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile (41,9%, dato che sale al 51,8% nell’industria), il riciclo degli scarti di produzione (34,3%, ma si arriva al 49% nell’industria e nel commercio-ristorazione); si osserva invece in maniera minore il riutilizzo dei prodotti ritirati dal mercato (18,8%) e il trattamento delle acque reflue per il loro riutilizzo (14,3%). Nel medio periodo, per percorrere ulteriormente la via della sostenibilità, gli interventi più frequenti andranno nella direzione della riduzione dei consumi energetici (lo prevede l’84,3% delle aziende, fino al 91,7% di chi opera in commercio e ristorazione) e della riduzione della produzione dei rifiuti (82,7% delle aziende). «È decisiva – aggiunge Cristadoro – la questione tecnologica, perché è nell’innovazione che si ripone una forte fiducia per velocizzare questi processi». Lo conferma il fatto che il 91,8% di chi fa impresa considera fondamentale il ruolo della tecnologia nella sostenibilità aziendale.
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Sostenibilità sociale, i passi ancora da compiere

Nell’ambito della visione ESG (Environmental, Social and Governance) che sempre più va a consolidarsi anche nello scenario economico italiano, occorre concentrare l’attenzione anche verso una cultura della responsabilità sociale dell’impresa. «Pur con alcuni esempi positivi – premette Cristadoro –, le azioni su questo versante risultano più circoscritte rispetto ai risultati già raggiunti per la sostenibilità ambientale, anche perché quest’ultima è stata favorita da più profonde dinamiche normative ed economico-produttive. Anche nella prospettiva della sostenibilità sociale si ritrova la frattura tra le grandi realtà imprenditoriali, capaci di mettere in campo più iniziative, e quelle più piccole, che necessitano di maggior sostegno». Solo il 23,7% delle imprese supporta attività di associazioni di volontariato, e in appena il 17,1% delle aziende esiste una figura specificamente dedicata alla responsabilità sociale (incidenza che scende al 9,4% nelle micro-imprese); ancora, solamente il 18,7% delle imprese promuove alleanze con altre realtà imprenditoriali, solo il 19% delle imprese a dedica attenzione ai rapporti di età, genere, etnia e disabilità nell’organico e solo il 22,7% incentiva misure a sostegno della genitorialità. Le pratiche più diffuse sono invece la valutazione del benessere lavorativo (nel 41,4% del campione), la formazione continua (40,2%), il welfare aziendale (34,9%); risulta poi interessante la propensione a comunicare la propria sostenibilità e a redigere bilanci di sostenibilità.
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Fare rete: dalla filiera al network

Dare concretezza ai processi per la sostenibilità – si tratti di quella ambientale o di quella sociale – significa orientare a questa visione anche i rapporti di filiera. Il 50% delle aziende ha infatti definito criteri di sostenibilità da seguire per la selezione dei propri fornitori, e in maniera speculare il 50,5% delle imprese è soggetta al rispetto di criteri di sostenibilità imposti dai propri clienti; in entrambi i casi, l’incidenza è più alta tra le grandi aziende e in quelle che operano nei servizi alle persone. «Un passo ancora da compiere – riflette il Direttore Scientifico Aldo Cristadoro – è quello di rafforzare le reti in cui sono inserite le imprese. La ricerca evidenzia come la gran parte delle imprese agisca in maniera isolata per quanto riguarda le iniziative sulla sostenibilità: è invece necessario rafforzare i legami, le sinergie e le collaborazioni. A beneficiare dei network sarebbero soprattutto le imprese di più piccola dimensione».

Un network per la pianura permetterebbe di mantenere i propri clienti e attrarne di nuovi

UTILITÀ DEL NETWORK IN PIANURA PER LA SOSTENIBILITÀ
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Il 33,2% delle aziende (una su tre) indica infatti di lavorare da sola su questo tema (con un’incidenza che sale addirittura al 46,6% nelle realtà fino a 9 dipendenti), mentre il 19,4% si appoggia a consulenti esterni: meno del 50% delle imprese, dunque, sceglie la strada delle partnership con altre aziende, con soggetti pubblici, con soggetti misti pubblico-privati o del Terzo settore. Un cambio di prospettiva appare necessario ed è un’esigenza fotografata dai dati: l’80% delle aziende mostra infatti interesse alla creazione di un network nell’area della pianura lombarda che possa favorire la transizione ecologica della propria azienda. Quali i vantaggi? Come emerge dalla ricerca, un network per la pianura permetterebbe di mantenere i propri clienti e attrarne di nuovi, migliorare la propria reputazione sul mercato, attrarre e mantenere i propri dipendenti, aumentare la profittabilità dell’azienda.

LUCA BONZANNI

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